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Emigrante o Imprenditore?

Tuttavia, tornando alle opportunità professionali presenti nelle aree rurali a quel tempo, nel dopoguerra, le possibilità di fare questa transizione da attività prevalentemente dedita all’agricoltura a quelle nel settore servizi o industria, vale a dire da contadino a operaio o dipendente della pubblica amministrazione, erano decisamente limitate.
Nessun’industria si sarebbe sognata di iniziare un’attività in aree dove le infrastrutture erano assenti.
In particolare, le vie di comunicazione, in un’economia industriale in via di formazione basata principalmente sulla manifattura, erano un fattore chiave.  Qualcosa di totalmente insufficiente a quel tempo nelle aree rurali.

L’unica soluzione era l’emigrazione, o nelle aree industrializzate vicine, ma anche per molti, all’estero. Questo municipio, passò rapidamente dal contare 6/7 mila abitanti a 3/4 mila.

Mio padre tentò in prima battuta l’avventura dell’emigrazione (Svizzera) ma solo per alcuni mesi. Poi, fu uno di coloro che, vuoi per restare vicini alle famiglie, vuoi perchè attaccati alle zone di origine, esplorarono una strada nuova, forse per molti versi più difficile della stessa emigrazione: inventarsi un’attività in proprio.  In pratica diventare imprenditori.

Cesare Grasselli – da emigrante a imprenditore

Nasceva così in queste aree economicamente svantaggiate, una figura di imprenditore anomalo, nel senso di ‘funzione imprenditoriale alla Schumpeter‘.
La molla che spingeva a mettersi in proprio era infatti l’assenza di opportunità e il conseguente bisogno di inventarsi qualcosa per poter campare, in aree dove era impossibile ottenere uno stipendio a fine mese da qualche impresa o ente.   E lo si faceva inventandosi delle attività, senza disporre di un’istruzione o formazione specifica, ma con quelle poche cognizioni che si avevano dei vari mestieri.  Così, chi aveva imparato a fare il muratore, iniziava una sua impresa edile, chi aveva praticato come fabbro, iniziava una sua officina, chi come sarta o maglierista una sartoria o maglieria ecc…

Mio padre aveva avuto come scuola, l’agricoltura, la coltivazione dei campi, e l’attività imprenditoriale che ne ha fatto seguire era molto vicina al suo passato professionale: impresa di servizi nell’agricoltura.
Insieme con il fratello fondarono una società che ha operato per tutto il corso della sua esistenza abbinando all’attività descritta, quella di autotrasporti. I due fratelli avrebbero operato, nella gestione di detta società, sempre d’amore e d’accordo! Fino a d arrivare ultrasettantenni al momento dello scioglimento di questa, per evidenti limiti operativi dati dalla loro età.

Cesare Grasselli – 1992

E, come molti altri loro colleghi appartenenti alla categoria fiscale e previdenziale che va sotto il nome di “Artigiani”, hanno sperimentato tutte le difficoltà di una categoria stretta tra incudine e martello. Nessun rappresentante di sigle sindacali che si sgargamellasse nelle piazze o alla tv per difendere i loro diritti, ma neanche uno status di impresa concretamente riconosciuto e difeso dalle associazioni di categoria o più semplicemente idoneo per accedere a speciali agevolazioni, nonostante il rischio d’impresa sopportato e come, visti gli investimenti richiesti.

Cesare Grasselli – foto ’95

Vessati dal fisco e da altri enti, per tutto il corso della vita delle loro imprese, sempre additati come evasori, una popolazione di artigiani che nonostante il contributo fondamentale alla ricostruzione, crescita e sviluppo del Paese, sono stati continuamente costretti a fare acrobazie e salti mortali per mantenere in vita le loro attività.

E all’età della pensione, l’impossibilità di condurre una vita minimamente decente con le misere pensioni elargite dall’INPS (600 €/mese nella maggior parte dei casi) non in grado di far fronte neanche ai costi e agli oneri che sono causati dall’insorgenza delle patologie tipiche dell’età dell’anzianità.